È partita oggi anche a Vercelli la raccolta di firme per la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare sulla separazione delle carriere tra magistrari requirenti e giudicanti e per la creazione di due Csm separati: un’iniziativa presa, a livello nazionale, dall’Unioni delle camere penali italiane, cioè dagli avvocati, non “contro” qualcuno, ma per stabilire una norma ben precisa, a tutela del cittadino.
A Vercelli, Valsesia e Monferrato (dove c’è la giurisdizione del Tribunale di Vercelli), l’iniziativa è gestita e coordinata dal Consiglio della Camera penale presieduto da Roberto Scheda composto dagli altri avvocati Cesare Fiorenzi (segretario), Cristina Raina (tesoriere), Alessia Albertone, Enrico Arduino, Monica Grattarola ed Enrico Ruffino.
L’obiettivo è di arrivare in tutt’Italia nell’arco di sei mesi, ad almeno 50 mila firme.
Chiunque può sottoscrivere la legge di iniziativa popolare, presentandosi ai siti di raccolta delle firme con la carta di identità o con altri documenti equipollenti (passaporto, porto d’ami, etc). Per quanto riguarda le patenti sono ammesse quelle vecchie, rilasciate dalla Prefettura.
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“Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e Pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri”.
Anche Giovanni Falcone sottolineava così l’importanza di perseguire la separazione della carriera di giudice e da quella di Pubblico ministero. Ed è proprio questo l’oggetto del sesto e ultimo quesito referendario sulla giustizia di cui i Radicali e il Comitato promotore si sono fatti portavoce.
La proposta sulla quale saranno i cittadini a esprimersi perché si arrivi al superamento dello status quo attiene l’abrogazione di alcuni punti importanti delle leggi vigenti e che regolamentano “il passaggio – attualmente consentito – dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti”.
La separazione della carriera dei giudici da quella dei Pm vorrebbe dire attuare nel nostro ordinamento “il modello processuale del Giusto Processo” sancito dalla Costituzione all’articolo 111, motivano i promotori del referendum. Il sistema vigente prevede invece una sovrapposizione tra le due figure e ciò è oltretutto “in contrasto con quanto avviene in tutte le democrazie occidentali”.
Perché la giustizia sia davvero perseguita, la figura del giudice deve essere del tutto separata da quella della difesa e dell’accusa. Il Pm deve rappresentare l’interesse generale dello Stato e, perché quest’obiettivo non sia minato, chi sostiene questa battaglia auspica che si affermino due centri di interesse totalmente diversi e che non ci siano rischi di influenze sul giudizio finale espresso.
La minaccia che viene vista nel sistema vigente è quella di uno sbilanciamento delle parti del processo: da una parte l’avvocato dell’imputato e dall’altra la funzione requirente del Pm, collega del Giudice. Il rischio è che quest’ultimo si lasci influenzare da una figura piuttosto che dall’altra dal momento che fa capo allo stesso Consiglio Superiore della Magistratura del Pm e può aver rivestito in passato uguale funzione.
Se non sarà superato questo nodo insito nel processo penale italiano, “non sarà possibile disporre nel nostro paese – secondo quanto affermava sempre Falcone – di un’amministrazione della giustizia realmente efficace e democratica”.