Fonte: lospiffero.com
Adesso per la Lega la posta è ancora più alta e il problema è come giocare la mano senza perderla, insieme alla faccia. Avevano immaginato di dare le carte, Alberto Preioni e i suoi, e chiudere in fretta la partita sulla nuova legge sulla ludopatia con maglie assai più larghe rispetto alla norma in vigore che il loro stesso partito aveva votato nel 2016. La sospensione della seduta del consiglio regionale decisa oggi, rinviando a domani pomeriggio la ripresa dei lavori, servirà – almeno negli auspici del principale partito della maggioranza – per trovare il modo di spiegare la mesta, ma allo stato dei fatti unica, via per uscire dal cul de sac dove la Lega si è infilata, confidando troppo nell’acquiescenza degli alleati e non tenendo nella considerazione dovuta i segnali che da questi sono arrivati fin dall’inizio di un iter legislativo che mai come in questo caso ha lambito una vera e propria crisi all’interno del centrodestra al governo del Piemonte.
Già nata come una proposta presentata solo dalla Lega, non dalla giunta, ma neppure con la partecipazione di Forza Italia e Fratelli d’Italia, accompagna da sempre più decisi distinguo degli alleati fino agli annunci delle loro decisioni di non votarla, la futura legge contrastata da un fronte vasto e variegato – dal mondo cattolico a quello sanitario, passando per i sindaci, pure quelli di centrodestra – ma chiesta a gran voce dagli operatori del settore, in particolare gestori delle sale gioco, ma anche tabaccai e baristi, ha visto proprio all’interno della maggioranza l’ostacolo maggiore, insuperabile per il partito di Matteo Salvini alla prova del voto. Fratelli d’Italia, con l’imput e il placet di Giorgia Meloni, aveva fatto sapere che non l’avrebbe votata pur non alzando barricate. E non ha cambiato idea. Anzi, oggi in apertura di seduta i Fratelli hanno fatto mancare il numero legale, ritardando di mezz’ora l’inizio dei lavori ma soprattutto lanciando l’ennesimo e chiarissimo segnale alla Lega. Forza Italia che, come avevamo scritto, ha presentato un emendamento per modificare l’attuale legge prolungando di due anni il termine per le sale giochi al fine di adeguarsi al distanziometro e altre misure previste, abrogando poi tutti gli articoli del nuovo testo, si è ben guardata dal lasciar solo immaginare di poterlo ritirare quell’emendamento.
Così, mentre in mattinata, a preoccupare la principale forza di maggioranza non erano tanto gli attacchi delle minoranze al testo che si vorrebbe diventasse legge, quanto il rischio che ciò non accada per la frattura nella coalizione di governo. Sarebbero passati sopra, senza batter ciglio, anche alle dure e ripetute reprimende nei confronti del presidente e dell’assessore alla Sanità “sempre assenti”. Che poi il primo, Alberto Cirio, non era in aula, ma vagolava nei corridoi del palazzo dove febbrili quanto inconcludenti trattative in seno alla coalizione consumavano il retroscena di una seduta per la Lega comoda come un letto di chiodi.
S’è capito ancor più che aria tirasse quando dai banchi del Pd è stato sollecitato l’intervento in discussione proprio della maggioranza. È toccata a un impacciato Riccardo Lanzo l’arringa difensiva che per dirla con l’ex grillina Francesca Frediani “fosse stata pronunciata in un processo dove l’imputato era la nuova legge, l’ergastolo sarebbe stato assicurato”. Silenzio dai berluscones così come dai Fratelli. Quel che avevano da dire, alla Lega, lo avevano già detto. Contravvenendo all’adagio secondo cui un bel tacer non fu mai scritto, ma proprio per non lasciare nell’imbarazzato mutismo l’ultima decina di minuti prima della fine dei lavori all’ora di pranzo, è pure intervenuto Preioni. Accalorata e accaldata difesa dei posti di lavoro e annuncio della richiesta all’assessore forzista al Bilancio Andrea Tronzano di “più soldi per i Sert, per curare chi non riesce a gestire i suoi soldi e la sua vita”, Preioni dixit.
Il numero uno del Pd, Raffaele Gallo, ha gioco facile quando si rinvia tutto a domani a dire che “avevamo ragione: la maggioranza di centrodestra è divisa, dopo aver passato tutta la mattina a cercare una intesa”. I dem hanno lì, in quei capannelli imbarazzati e convulsi nei corridoi, il facile jackpot: “Che non ci fosse una posizione unitaria l’avevamo capito ormai da giorni, ma oggi, finalmente, il centrodestra ha gettato la maschera e lo ha ammesso. Tutto rinviato a domani, quindi, in attesa che il centrodestra si chiarisca al proprio interno e ci comunichi su quale testo dovremo esprimerci”. Il Pd resta fermo sul “no alla riammissione delle slot in bar e tabaccai e siamo disponibili a ragionare su una proroga causa del Covid dell’imminente scadenza. Attendiamo di capire se la maggioranza ormai zoppa, senza FdI, ha una sua posizione”, spiega Gallo confermando la disponibilità a votare l’ordine del giorno del capogruppo di Forza Italia Paolo Ruzzola. Una fiche da puntare sulla spaccatura della coalizione, o comunque un forte ridimensionamento della baldanza leghista.
Il rischio di veder approvare, con i voti delle minoranze, la proposta forzista e bocciare la loro per i leghisti è tanto concreto, quanto da evitare ad ogni costo. Le prossime ore saranno decisive per provare ancora a convincere gli azzurri a cambiare idea. Ma le probabilità non paiono molte. Più verosimile la previsione, che circola tra gli alleati, secondo la quale alla fine la Lega convergerà sull’emendamento di Ruzzola, sminando il rischio di soggiacere a un voto delle opposizioni e portando a casa e offrendo ai gestori delle sale gioco ancora un paio d’anni di proroga. Poi, calmate le acque, magari ci riproveranno tirando fuori la proposta di legge che già oggi potrebbe finire in un cassetto.