La riunione tra Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Bulgaria e Ungheria a Milano negli “stati generali del riso” organizzati da Ente Risi, per affrontare i problemi della filiera, ha prodotto una inequivocaile richiesta alla Commissione Europea: la revisione delle norme sulle importazioni di riso extracomunitario, in particolare da Cambogia e Myanmar. Norme che dovranno comprendere dazi per proteggere i prodotti europei tra i quali vi sono soprattutto quelli italiani. Infatti tra i sette Paesi europei produttori del cereale, l’Italia fa la parte del leone con i suoi 234 mila ettari di risaie (70 mila tra Vercelli e Biella), 4265 aziende risicole, cento industrie risiere e un fatturato annuo di 1 miliardo di euro. E’ il primo Stato produttore di riso in Europa, e il 92% dei chicchi nostrani è prodotto tra Piemonte e Lombardia.
Come detto l’aggressione del riso d’importazione sta portando il sistema al collasso.
Nel 2009 l’Europa ha stretto accordi commerciali con i Paesi meno avanzati (Pma), che hanno potuto esportare nel Vecchio Continente grandi quantità di riso a dazio zero. Quindi senza pagare tasse. Otto anni fa sono state importate 20-30 mila tonnellate di riso dai Pma, nell’ultimo anno sono state 370 mila. Di aumento del 489% degli arrivi dal Vietnam al 46% dalla Thailandia – mai così tanto riso straniero è arrivato in Italia come nel 2016 appena trascorso -, con una vera invasione da Oriente da cui proviene quasi la metà delle importazioni, parla ad esempio Coldiretti Vercelli Biella. Che poi aggiunge: “nell’anno appena trascorso, è stato registrato un aumento record del 21% delle importazioni che ha fatto scattare ben 12 allerte sanitarie da contaminazione per il riso e i prodotti a base di riso da Paesi extracomunitari in Europa secondo i dati del sistema di allarme rapido comunitario (RASFF). Le partite “fuorilegge” pericolose per la salute dei cittadini – sottolinea la Coldiretti – riguardano la presenza irregolare di residui antiparassitari, di aflatossine cancerogene o altre tossine oltre i limiti, infestazioni da insetti, livelli fuori norma di metalli pesanti o la presenza di OGM proibiti in Italia e in Europa”.
“Ormai i due terzi delle importazioni – precisa la Coldiretti – non pagano più dazi a causa dell’introduzione da parte dell’UE del sistema tariffario agevolato per i Paesi che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi) a dazio 0. Una misura che finisce in realtà per favorire le multinazionali del commercio senza ricadute concrete sugli agricoltori locali che subiscono peraltro lo sfruttamento del lavoro anche minorile e danni sulla salute e sull’ambiente provocati dall’impiego intensivo di prodotti chimici vietati in Europa”.
Questa liberalizzazione ha dunque provocato una reazione a catena: l’invasione di riso asiatico, la riduzione della produzione europea di riso Indica, e il calo delle quotazioni di mercato. I prezzi, quest’anno, sono inferiori del 30-40% rispetto al 2016. Oggi il consumo europeo di riso è coperto per il 50% da prodotto importato, di cui 2/3 non paga dazi alla dogana.
Ecco dunque perché il summit dei paesi europei produttori di riso si è concluso con precise richieste alla Commissione europea: una revisione del regolamento sul libero scambio, affinché vengano ripristinati i dazi e la creazione di regole tra l’Unione Europea e i paesi esportatori, sia in ambito fitosanitario che commerciale.
“Siamo al paradosso – ha detto Giuseppe Ferraris, presidente del Gruppo di lavoro Riso dell’Ue -. I produttori italiani non possono usare fitofarmaci nei campi, necessari per debellare malattie come il brusone, ma in Italia possiamo mangiare riso basmati importato dall’Oriente e “curato” con questi prodotti».
“Le importazioni sconsiderate di riso lavorato Indica dall’Oriente stanno facendo crollare la produzione in Italia dove le semine si spostano sulla varietà japonica con gravi squilibri di mercato che spingono nello stato di crisi anche questo segmento produttivo” ha aggiunto Paolo Dellarole, presidente di Coldiretti Vercelli Biella. “Il riso Made in Italy è una realtà da primato per qualità, tipicità e sostenibilità che va difesa con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza, la pubblicità dei nomi delle industrie che utilizzano riso straniero e attraverso interventi comunitari tempestivi ed efficaci nei confronti delle importazioni incontrollate, che prevengano il rischio di perdite economiche per i nostri risicoltori e non agiscano quando i danni si sono già verificati. In tal senso, la clausola di salvaguardia, già rifiutata dalla Ue senza una quantificazione evidente dei danni, dovrebbe essere applicata con una procedura più efficace dalla UE”.
E alla richiesta di nuovi dazi sul riso estero palude la Lega Nord, tra i primi a lanciare la richiesta di dazi con l’europarlamentare Angeli Ciocca. “Ora che é stato stilato questo documento in cinque punti che affronta vari problemi, come la reciprocità fra la UE e i paesi terzi nell´ambito fitosanitario e commerciale o l´effettiva applicazione della clausola di salvaguardia nelle importazioni dai paesi del sud-est asiatico –scrive in una nota Giancarlo Locarni, vice segretario della Lega nord vercellese – il Ministro Martina rompa gli indugi, si accordi con gli altri paesi produttori in Europa, porti velocemente le richieste al tavolo della Commissione e le sostenga senza riserva. La risicoltura italiana non può aspettare ancora per colpa dei balletti della politica”.
Fonte: TGVercelli.it